martedì, aprile 25, 2006

Reazioni di Francia

Ieri sera su un canale pubblico francese (France3) é stato trasmesso un film-documentario, che ripercorreva i 124 giorni di prigionia in Iraq dei due giornalisti francesi Georges Malbrunot e Christian Chesnot.

Si trattava di un film metà "fiction" e metà "documentario" con testimonianze
dei due protagonisti, dei loro famigliari, dell'allora ministro degli esteri Michel Barnier e di altri protagonisti della vicenda.

Il documentario, logicamente non svelava nessun segreto (non sapremo mai se e come la Francia abbia pagato un riscatto) sta di fatto che mi ha permesso di rivivere quei 3 mesi.

Ricordo la mia stupefazione davanti alla reazione dei francesi: delle autorità e dei cittadini.
mi colpiva soprattutto perché in totale contrasto con l' apparente attitudine passiva che avevano mostrato le autorità italiane davanti al rapimento di Enzo Baldoni.

Ricordo alcune dichiarazioni del padre di Baldoni, il quale lamentava (é dir poco) la pigrizia e la svogliattaggine del governo, il quale a suo avviso si era appena mosso per cercare di salvare suo figlio.

A Parigi davanti l'Hotel de Ville, il municipio, vennero subito appesi i ritratti di Chesnot e di Malbrunot e del loro autista (come avrebbe poi fatto a Roma Veltroni qualche settimana dopo in occasione del sequestro delle due Simone e di Giuliana Sgrena) ed ogni ora da degli altoparlanti, veniva ritrasmesso il radio giornale nella piazza antistante.

La comunità musulmana francese seppe fare prova della sua responsabilità e del suo attaccamento alla nazione francese. a prova che la cosidetta "Eurabia" é solo una chimera frutto delle nostre paure e dei sogni di qualche squilibrato. Fu una reazione davvero straordinaria.

Di fronte il rischio della lacerazione e la vita di due compatrioti, i francesi si lasciarono dietro le spalle il famoso conflitto della legge sulla laicità: quella che riguardava il velo mussulmano a scuola.

I rappresentati della comunità musulmana francese partirono in missione in medio oriente: Il Cairo, Damasco, Amman e financo a Baghdad. Intervennero su Al Jazira spiegando chiaro e forte che in Francia non si faceva nessun male alla comunità islamica e che anzi essa godeva di una grande libertà.

Michel Barnier, parti anche lui in missione in Medio Oriente per diversi giorni.

A mio avviso fu proprio la reazione francese, oltre che alla reazione dell' opinione pubblica italiana, che spinsero il governo a darsi da fare nel caso del sequestro delle cosiddette 2 Simone.

Non a caso, fu proprio in quella circostanza, che si incominciarono a vedere davanti al Campidoglio la foto delle due donne sequestrate, proprio come era stato fatto a Parigi.

D' altra parte le autorità italiane come avrebbero potuto accettare di sentirsi dire che i francesi avevano fatto meglio di loro?

Governo "maschio"

Stavo per pubblicare un post sulla Francia e sulla gestione della crisi in Iraq.

Quanto ho iniziato a riflettere di nuovo a quello strano paese che é l' Italia, e alla media d' età della sua classe dirigente, cattolica, sessanta-settantenne, "maschia" che tiene in ostaggio tutta una generazione che si spende in infinite gavette.

E pensavo anche che il prossimo governo, il "nuovo" governo avrà sicuramente una media d' età non al di sotto di quelli precedenti.

E che avrà sicuramente una percentuale ridicola di donne, ci metto la mano sul fuoco, a cui saranno affidati dei ministeri simbolici: famiglia, solidarietà, al limite quello della salute e della pubblica istruzione visto che la donna in fondo, nella sua versione materna, l'angelo del focolare, incarna un ruolo rassicurante. la "mammà" come la chiamano i francesi.

Ma non i ministeri importanti, quelli "maschi", quelli veri, quelli che caratterizzano la gestione del potere: quelli saranno controllati da dei veri maschietti.

Quegli stessi maschietti che rendono impossibile la vita alle donne, e che poi danno alle donne la colpa di non volersi occupare di politica, e con che faccia tosta!

Sempre maschi, sempre vecchi, sempre loro.

sabato, aprile 22, 2006

allegri prostatici al potere

un ottantenne al senato un quasi settantenne alla presidenza del consiglio:

"fatece largo che passiamo noi,
li govinotti de sta roma bella"

l'italia? una repubblica di giovinotti insomma.

che pensano gli stranieri quando vedono un paese in cui l'età media del consiglio di ministri si avvicina a quella di un conclave papale? e quando vedono un consiglio dei ministri in cui sono quasi tutti maschi e quasi tutti ultra sessantenni?

ai giovani italiani non sorge un dubbio?

io davvero non riesco a capire. basta farsi un giro per le delegazioni che rappresentano i paesi dell'Unione Europea nei vari gruppi di lavoro dell'Unione Europea, non abbiate dubbio se vedrete una banda di giovinotti sui 60 anni: quelli é l'allegra brigata italiana.

scherzi a parte, le delegazioni italiane sono le meno giovani. In anzianità forse, gli si avvicinano solo i francesi.

al contrario altri, gli inglesi ed i belgi ad esempio, hanno adottato tutta un'altra strategia: si portano dietro dei giovani funzionari di 28-29 anni e li formano subito facendoli assistere a tutte le riunioni, in modo tale che a 35 anni saranno capaci di difendere bene gli interessi del paese: questa é la strategia di paesi che volgiono continuare a contare non c'é un minuto da perdere e devono formare oggi la classe dirigente che difenderà i paese domani.

faccio un'altro esempio. guardatevi un qualsiasi TG spagnolo e guardate l'età degli inviati,
dopo guardatene uno italiano e confrontate. non matuselemme, ma comunque una bella differenza.

non c'é niente da fare la nostra gerontocrazia non riesce ad uscire dal circolo vizioso, ragion per cui sono i giovani italiani che preferiscono anderesene.
in Italia cio' sembra non destare nessun dubbio. Tutto sembra normale. Giovinotti circolare!
Fate largo agli anziani!

il futuro dell'Italia


Il futuro dell'Italia?
Massimo Gramellini [La Stampa]



All'alba di una nuova era politica, il primo raggio di luce che si staglia all’orizzonte è la possibile nomina di un signore di 86 anni alla presidenza della Repubblica e di uno di 87 a quella del Senato. La prospettiva ha suscitato un minimo di imbarazzo in Ciampi. Nessuno in Andreotti.

In fondo le cariche istituzionali sono il luogo della saggezza e dell’esperienza. I giovani come Prodi e Berlusconi, che si attardano ancora intorno ai 70, possono essere più utili negli incarichi operativi. All’ultimo Conclave destò un certo scalpore che un cardinale di 67 anni venisse escluso dalle scelte dello Spirito Santo perché considerato troppo giovane. Dall’altra parte del Tevere potrebbe concorrere a stento per un posto da sottosegretario. Inutile stupirsi e dare sempre la colpa alla politica, che mai come in questo caso è lo specchio fedele dell’Italia, il Paese col tasso di natalità più basso del mondo. I figli crescono e le mamme imbiancano, cantava Franco Battiato, ma i padri - non solo quelli della Patria - restano lì imperterriti, trasformandosi un lustro dopo l’altro in nonni, bisnonni e trisavoli: comunque a disposizione. E’ mica colpa loro. Una volta la vita era più acciaccata e breve, i giovani più numerosi e agguerriti, le rivoluzioni più frequenti e spietate. Napoleone divenne generale a 27 anni. D’accordo, era Napoleone, ma senza il crollo dell’Ancien Régime per ottenere il comando di un’armata non gli sarebbe bastato nemmeno l’aiuto di Previti e Dell’Utri. Qualcuno si era illuso che Mani Pulite avrebbe favorito un ricambio generazionale. Invece era una finta e comandano sempre i soliti, finché morte non li separi: dalla poltrona.

Nessuno chiede di emulare le scelte giovaniliste di altre nazioni come l’Inghilterra dell’ottuagenaria Elisabetta, dove può capitare che un trentenne intraprendente venga nominato capo dell’opposizione o, più banalmente, riesca a ottenere un fido dalla sua banca. Né si pretende che nei partiti, negli ospedali e nelle università i vecchi baroni si ritirino a scrivere la propria autobiografia, lasciando gli scranni ai cinquantenni di valore che nel frattempo sono emigrati all’estero o meditano di farlo. Ci basterebbe un modesto segnale di svolta, un innesto moderato di forze nuove e di energie fresche. Largo ai sessantenni. Almeno a loro, per pietà.


venerdì, aprile 21, 2006

Perche sempre il FT?

Perché i giornali inglesi sono sempre catastrofisti sull'Italia?

O meglio, perché i media italiani parlano solo delle opninone delle riviste e dei giornali inglesi o anglofone. Sempre il Financial Times, o l'Economist, l'Herald Tribune, il Wall Street Journal od il Times.

E perché sempre non altri giornali anglofoni: mai si parla per esempio del The Guardian, del Globe&Mail od ancora del Globe&Guardian?

E perché sopratutto non parlano mai, ma proprio mai di altri giornali europei: che so' de El Mundo, Le Monde, Le Figaro, Le Soir, La Libre Belgique, De Staandard, Frankfurter Allgemeine, Suddeutsche Zeitung, Le Temps, ecc.

"L'Europa" e le sue opinioni sono forse limitati ai media della city londinese e di Wall Street: strana idea dell'Europa hanno in Italia no?

Quando apparira' sul sito del Corriere della Sera il titolo: "El Mundo avverte..." o "Le Figaro dissaprova"?

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2006/04_Aprile/20/stampa_estera.shtml

giovedì, aprile 20, 2006

Il Cavaliere e la monetina

Quando il Cavaliere reagì allo «scippo» facendosi tirare in testa una monetina.

Il precedente. Il suo Milan aveva perso lo scudetto per una vittoria a tavplino del Napoli.

di Massimo Gramellini [La Stampa]

Come tutti gli uomini che si ritengono dotati di un senso superiore d’imparzialità, Berlusconi è disposto a perdere solo quando lo decide lui. I personaggi del suo stampo possono ammettere una sconfitta che abbia almeno le dimensioni di Waterloo. Per quanto, anche lì. Tutto ciò che sta sotto l’augusto parametro rientra nel novero delle vittorie scippate, contro le quali il premier uscente è pronto a ribellarsi, sfoderando tutta la sua tempra di combattente. Lo ha sempre fatto, anche in casi molto più drammatici di questo. Perché lasciare il potere per 24.755 voti e una lista lombarda di disturbo è in fondo poca cosa, rispetto a perdere uno scudetto per colpa della monetina lanciata da un tifoso bergamasco.

Ci riferiamo alle memorabili vicende della primavera 1990, quando il Napoli di Maradona sfilò il primo posto al Milan con una vittoria ottenuta «a tavolino» in casa dell’Atalanta, grazie a quella che Berlusconi considerò una vera e propria sceneggiata: il brasiliano Alemao, centrocampista del Napoli, fu colpito alla nuca da uno spicciolo di metallo e si accasciò al suolo come morto, mentre uno dei suoi gli gridava: «Resta giù!» Eppure il giudice sportivo gli credette e assegnò la vittoria ai napoletani, che così scavalcarono il Milan in classifica.

Berlusconi non si dette per vinto e nel tentativo di cambiare il verdetto del Fato ricorse a qualunque mezzo, compreso l’estremo sacrificio di se stesso. Fu proprio lui a raccontare la drammatica escalation della sua sfida eroica, durante una convention coi pubblicitari: le prove generali dei futuri comizi. Lo sfogo venne raccolto dal giornalista Gigi Moncalvo nel fondamentale e introvabile (qualcuno comprò subito tutte le copie) «Berlusconi in concert» e riproposto anni dopo da Pino Corrias, Curzio Maltese e da chi scrive in un libro sulla «discesa in campo» di Sua Persistenza. Ne riproduciamo qui il testo.

«Impossibile. E’ fisicamente impossibile che un giocatore sia messo fuorigioco da una monetina del peso di 7,8 grammi che lo colpisce alla velocità di 11 metri al secondo, quale quella che è stata testimoniata dalle riprese televisive e dalla ricerca commissionata al Politecnico di Milano, che ha presentato delle perizie precisissime della Divisione Meccanica e della Divisione Energia. Due perizie diverse che testimoniano come assolutamente una moneta, anche se ti colpisce nella maniera più sfortunata, cioè di taglio, non può portarti che un graffio, cioè una escoriazione con un piccolo rigonfiamento momentaneo. «Siccome però io sono una testa dura e sono come san Tommaso, ho preso mio figlio (in realtà si trattava del maggiordomo, ndr), l’ho messo al primo piano e mi sono fatto tirare la monetina in testa. Il danno? Una cosa risibile!.

«L’ho mandato al secondo piano e mi sono fatto un po’ male. L’ho mandato al terzo piano, ma sono già quindici metri, molto più del necessario, perché quella monetina di Bergamo è come se fosse caduta da sei metri, dato che c’era una rete fra il pubblico e il campo, quindi la monetina non è stata tirata - come qualcuno ha detto - con una fionda e diretta a mo’ di proiettile, ma è stata tirata in alto a superare la rete. Poi, per la forza di gravità, ha fatto una discesa parabolica testimoniata dalla tv, ed era in discesa parabolica quando ha colpito Alemao sulla testa.

«Comunque dal terzo piano mi sono fatto un graffio di cui ho portato la crosta per quattro giorni». I soliti giudici rimasero insensibili persino di fronte a tanto coraggio. Il ricorso dell’illustre infermo venne respinto e lo scudetto andò regolarmente al Napoli. Che subito dopo, però, iniziò a sfasciarsi. Prodi prenda pure nota, se crede.

martedì, aprile 11, 2006

Binnu u' Tratturi

On vient d'arrêter le boss mafieux Bernardo Provenzano,
au pouvoir depuis l'arrêt de Toto' Riina:
Biddu "U' Tratturi", poursuivi depuis plus de 40 ans
était le maître incontesté de la mafia sicilienne.

"U' Tratturi", le tracteur, on l'appelait ainsi: car
ou il passait, il écrasait tout.

Provenzano avait instauré un système particulier,
une sorte de mafia light, silencieuse et discrète qui rompait
avec l'approche conflictuelle, dure et violente de Riina.

Sa stratégie?

En silence et sans bruits, on travaille mieux.
Il avait compris qu'il ne fallait pas agresser l'Etat
et s'en prendre à ses représentants (les forces de l’ordre)
mais plutôt négocier avec lui sur la base d'une
sorte de "Pax Mafiosa" en évitant les unes de journaux.

L'offensive de Riina, avait choqué l'opnion publique italienne:
l'Etat avait été contraint de riposter.

Avec Provenzano le choses ont changé:
plus de bombes dans la peninsule,
plus d'attaques contre les carabinieri.

Pendant plus de dix ans son règne a été marqué
par une gestion discrète et silencieuse des affaires mafieuses.
Stratégie qui a su se montrer gagnante.
Comment dire : "Moins on parle de nous,
mieux on gère les affaires. En toute tranquillit"


Un exemple : la gestion du "pizzo", l'impôt mafieux.
Au lieu d'exiger comme dans le passé, des grandes chiffres
de la part de quelque commerçant ou industriels.
Son slogan était plutôt: payons peu payons tous.
Celle-ci était sa stratégie "douce".

Sa capture pose des questions: Que va-t-il se passer maintenant?
Provenzano a-t-il préparé sa succession? Et si succession il a eu, ses succeseurs vont-il préserver la stratégie de leur boss?

Ou devrons nous bientôt assister à des nouveaux règlements de compte
et à des guerre entre clans siciliens?

Il Cavalier per sempre

Il Cavalier per sempre

Massimo Gramellini [La Stampa]

Comunque vada a finire, la vera sorpresa di queste elezioni è che l'Italia non cambia mai. O forse a essere stupefacente è solo il nostro stupore, alimentato da anni di sondaggi ed elezioni locali a senso unico. A furia di leggere e scrivere che il popolo del centrodestra non ne poteva più di Berlusconi, avevamo finito col sottovalutare un particolare decisivo: che qualsiasi nausea e delusione sarebbero sempre state inferiori alla paura procurata dal pronostico di una vittoria altrui. E quel popolo detesta i valori della sinistra e ne teme l'attuazione pratica al punto da essere disposto a turarsi ogni volta il naso, pur di non mandarla comodamente al potere.

Berlusconi non è la democrazia cristiana, ma i suoi elettori sì, e non averlo mai voluto capire è la colpa strategica dei partiti dell'Ulivo. I berluscones sono l'Italia che si sente all'opposizione dai tempi «di quel comunista di Fanfani», tranne aver sempre continuato a votare per chi stava al governo, lamentandosene. L'Italia dissimulatrice che mente agli exit polls perché non vuol far sapere in giro per chi vota: mica per vergogna, ma per disinteresse, non considerandolo un motivo particolare di orgoglio. La maggioranza silenziosa che non ha una passione speciale per la politica e se avesse un Moretti o una Guzzanti di centrodestra non andrebbe nemmeno a vederli, perché preferisce le commedie romantiche e i giochi a premi. Un fiume carsico che scorre sotto traccia per badare agli affari propri e riappare in superficie solo il giorno delle elezioni nazionali, quando bisogna sbarrare il passo ai «cattivi» che vogliono portargli via «la roba».

Sono quelli che preferiscono l'America all'Europa, le barzellette agli appelli e i libri della Fallaci a quelli di Terzani. Sullo Stato hanno idee chiare: non lo considerano un amico, ma un padrone che vogliono affamare con la riduzione delle tasse, e pazienza se all'inizio a rimetterci non saranno le autoblu dei ministri ma i servizi, perché «è come nelle diete, prima di arrivare a perdere la pancetta devi rassegnarti a dimagrire anche dove non vuoi».

L'unica speranza che l'Unione aveva di ammansirli era mettere in pista il suo finto democristiano: l'ipnotizzatore di masse variegate Walter Veltroni. Invece ha insistito col voler schierare quello vero, Romano Prodi. Ora, se c'è una categoria che gli elettori democristiani detestano con tutta l'anima sono i cattolici rossi o almeno rosè. Già il cuore piccolo borghese della democrazia cristiana era convinto che i propri voti difensivi servissero ai vertici del partito per promuovere politiche progressiste e candidati molto più a sinistra del loro elettori. Prodi rappresenta la sintesi di ciò che essi detestavano e detestano: don Camillo che va a pranzo da Peppone. Più prosaicamente, il sindacato rosso che si mette d'accordo con la Confindustria sulla pelle del ceto medio dei piccoli produttori.

Nessuno, a sinistra, ha provato sul serio a esorcizzare queste antiche paure, pensando che il fallimento del governo Berlusconi avrebbe influito sugli esiti del voto più di qualsiasi pregiudizio contrario nei loro confronti. Non è così. Non nel Nord industriale del Paese. Quello che ha eletto a suo filosofo di riferimento un commercialista, Giulio Tremonti, e almeno a parole vorrebbe riforme liberali, ma in ogni caso preferisce tenersi stretto il suo monopolista preferito che affidare la dichiarazione dei redditi agli amici del compagno Visco.

Nulla riesce a smuoverli dalle certezze dell'esperienza e il sentirsi perennemente descritti dagli intellettuali come uomini ignoranti e allergici alle regole non fa che alimentare la convinzione di essere nel giusto. Dopo dodici anni si tengono ancora stretto Berlusconi: è diventato una ossessione, ma sempre meno che per gli altri, «i comunisti».

Se aveva ragione Borges, e la democrazia perfetta è quella in cui i cittadini non ricordano come si chiama il loro presidente, l'Italia di questi anni è stata di un'imperfezione assoluta. Riesce ormai difficile persino immaginare che sia esistito un tempo in cui i giornali potevano uscire la mattina senza avere sulla prima pagina il marchio di quelle quattro sillabe, Ber-lu-sco-ni, abbinato a qualche dichiarazione dirompente: «Scendo in campo!», «Magistrati comunisti!», «Farò l'Italia come il Milan!», «Giornalisti stalinisti!», «Meno tasse per tutti!», «Bollitori di bambini maoisti!», «Sì, avete capito bene, a-bo-li-rò l'Ici!», «Chi non vota per i propri interessi è un coglione!» e ogni punto esclamativo era il profilo della sua dentatura, sorridente o digrignante a seconda del copione. Ma risulta altrettanto improbo ricordarsi un film, un libro, un monologo satirico, un'inchiesta giornalistica e finanche una conversazione privata su un oggetto politico, calcistico o televisivo che non andassero prima o poi a sbattere lì, addosso a Sua Invadenza. Lui che se fosse un elemento del creato, non sarebbe fuoco che brucia ma acqua che sommerge, occupando ogni spazio vuoto aggirabile o non ostruito da una diga.

Eppure i berluscones continuano a sopportarlo, a considerarlo uno di loro. Qualche sua bizza ha il potere di imbarazzarli, ma nessuna veramente di sconvolgerli. Lo accettano come il fratello un po' troppo disinibito che avrebbero voluto avere e, in fondo, essere. Li accomuna la stessa visione utilitaristica delle istituzioni e l'idea assolutamente rivoluzionaria che lo Stato e la politica debbano essere gestite da un padrone, proprio come le aziende. Che la democrazia non sia partecipazione diffusa e continua, ma consista nel trovare 5 minuti ogni 5 anni per andare a votare, delegando per il tempo rimanente qualcuno che abbia non solo la voglia bizzarra di occuparsene, ma anche un interesse personale nel farlo, perché «se Berlusconi non avesse le tv e tutto il resto, non avrebbe alcun tornaconto a far andare bene l'Italia, diventerebbe un politico e si metterebbe a rubare come gli altri», mi ha spiegato un idraulico romano che lo vota da una vita: immaginarlo a colloquio con un girotondino dà la misura della incomunicabilità delle due Italie che non hanno più un linguaggio di valori condivisi con cui parlarsi o almeno capirsi. Ognuna delle due addossa all'altra i mali della modernità: l'immobilismo delle gerarchie, l'impoverimento del ceto medio, la diminuzione delle garanzie, la superficialità delle emozioni, l'orgoglio dell'ignoranza, il sadismo dei reality show. Si guardano in cagnesco, mentre la barca affonda. Senza nemmeno più rendersi conto che è la stessa barca

tanto esperar

resulta difícil entender como en país europeo
hay que esperar tanto tiempo antes de saber los resultados.

en cincuenta años Italia ha sido incapaz de cambiar
la lentitud de su administración.

dieciocho horas después todavía no se saben
los resultados definitivos.

para conocer los resultados del senado
tendremos que esperar el escrutinio
del voto de los inmigrantes italianos.

los italianos que viven al extranjero podían votar hasta el 6 de abril.
el 11 de abril, todavía no se conocen sus resultados :
esa es la administración Italiana....



lunedì, aprile 10, 2006

primeros resultados

primeros resultados electorales

según las primeras proyecciones
el centro-izquierda parece tener una ventaja

sin dudas tendrán la mayoría en la Camera de los Diputados

pero para saber quien ganó todo dependerá de los resultados del Senado,
la Cámara Alta, donde los resultados de las dos coaliciones parecen cercanos.

esta es una consecuencia del complejo sistema electoral den Senado
(calculado en base de los resultados regionales).

si entonces los partidos de centro-izquierda tienen mayoría en el Senado,
Prodi será el nuevo primer ministro italiano

Los sabremos en una pocas horas.

domenica, aprile 09, 2006

elecciones y imagenes (mamma son tanto felice)

Hoy y mañana se vota en Italia

hace poco estaba tumbado en el sofá mirando la televisión,
escuchaba las noticias medio dormido hasta que mi madre
me hizo notar algo.
en las imágenes que enseñaban Berlusconi votando,
el presidente del gobierno estaba junto a su mamá Rosa,
con la cual por la primera vez fue a votar junto.

una casualidad?

no creo, se trata probablemente de una manera entre
las tantas para comunicar algo: simpatía hacia los mayores.
una manera como otra para intentar de recuperar todo
los votos posibles.

en la comunicación política todo esta calculado. hasta el ultimo detalle.

es normal, ante que un político,
el es y ha sido el primero estratega italiano de la imagen
y de la comunicación televisiva.


lunedì, aprile 03, 2006

le retour des gouvernements balnéaires?

"Pentapartito", "penta-parti", c'est à dire "parti à cinq" après des années de silence cette chimère retenti dans les mots des dirigeants italiens.

Ce mot indique la coalition de partis qui permettra à la Démocratie Chrétienne des survivre au cours des années '80. Ce groupement fort hétérogène réunissait les démochrétiens, aux socialistes de Bettino Craxi, mais aussi aux libéraux, aux socialistes, aux républicains et aux sociaux-démocrate. Tout était permis pour rester au pouvoir.

Le premier ministre italien a évoqué ce fantomatique parti à cinq lors de sa campagne. Et cela n'est pas un hasard.

Le changement du système électoral qu'il a voulu et obtenu, représente un vrai pas dans ce sens. Le retour du système proportionnel devrait favoriser plus que jamais la fragmentation du système politique italien et un retour au fameux parti à cinqu, sommet du transformisme politique.

Reste une question: pourquoi Berlusconi a voulu signer la mise à mort du système majoritaire, si on pense que dans le passé il a construit ses victoires autour du bipartitisme. Cela ne représente pas peut être un véritable hara-kiri politique? Il risque ainsi de restituer l'Italie au chaos des jeux des partis

Le choix berlusconien de revenir aux proportionnel peut s'expliquer entre autre pour deux raisons:

-Devant les sondages qui n'arrêtaient pas de donner le centre gauche gagnant, ils ont tenté le tout pour le tout pour empêcher sa victoire. Ils ont ainsi préférée introduire un système électoral qui "précarise" la vie de futurs gouvernements et rende plus difficile une victoire nette de l'un des deux camps. Ce choix naît de l'expérience de '96 ou' le centre gauche gagna grâce au système majoritaire, tout en obtenant un nombre de votes total inférieur à celui du centre droite. Comment dire: "Mieux vaut un pays instable que un pays gouverné par l'opposition".

-Les pressions des demochrétiens de l'UDC ont étés fondamentales. Les petits partis semblent préférer de loin l'introduction d'un système proportionnel avec un barrage très réduits à un majoritaire sec qui les a contraint à se plier à la loi des coalitions. Il devraient ainsi retrouver leur rôle de protagonistes et deployer tout leur "puissance".

Lors des années '90 le passage au majoritaire fut vécue comme une véritable révolution dont la volonté était d'en finir avec les jeux de petits partis et des alliances. Or, si le petits partis ont continué a jouer un rôle important dans le système, parfois déstabilisateur (pensons à la chute du gouvernement de centre-gauche de Romano Prodi en '98), il faut reconnaître que lors de ces 10 dernières années l'Italie a connu une certaine stabilité du point de vue gouvernementale.

Rappelons au lecteur que, avant '96, la durée moyenne d'un gouvernement italien était de 10 mois (on parlait à l ‘époque de gouvernements «balnéaires»). Au delà de son bilan, force est de constater que le gouvernement Berlusconi a eu un mérite: il est le premier de l'histoire italienne qui a duré pendant toute une législature. Le retour au proportionnel, ou du moins de ce type de proportionnel, risque bien de rompre brutalement avec cette tendance stabilisatrice.

A' un tel point que il est légitime de se demander si le choix de Berlusconi changer de système electoral ne démeure pas d'un choix kamikaze. Il semble ainsi signer lui meme la fin de sa vie politique.

un par tout?

Demain soir aura lieu le deuxième face à face
entre Berlusconi et Prodi.

Sans aucun doute Berlusconi ne gagnera pas comme en 2001.
Toutefois la situation est incertaine, la gauche semble
avoir de l'avance sur la droite, mais nous ne savons pas
si elle réussira à obtenir assez de siéges pour gouverner.

Et oui. On craint que ça se termine 1-1,
il y a donc un fort risque de blocage du système
politique italien et cela essentiellement pour deux raison:

- d'un coté le nouveau système électoral reformé
par le gouvernement Berlusconi, marque
la disparition du majoritaire et le retour au proportionnel,
et favorise la dispersion des partis et la dispariation
du clivage droite/gauche.
Cela risquerait de projeter l'Italie dans un chaos
similaire à celui des années 80.

-Si une bonne partie des italiens semble bien déçu de
ces 5 dernières années de gouvernement, elle ne semble
pas être assez convaincue par les arguments et les hommes du centre gauche.


Romano Prodi et le centre gauche jouent donc
un match fondamental: s'il n'arriveront pas
à gagner cette fois-ci. Il risquent de clore définitivement
la brève saison du bipolarisme à l'italienne

On reparle du retour de celui que l'on appelait
le "grand centre", une grande coalition de centre.

Le situation semble propice au rapprochement
des deux partis démochrétiens de droite (UDC) et de gauche (Margherita),
qui depuis des mois ne cessent de se lancer des clins d'œil.
Leur rêve d'une nouvelle grande Démocratie Chrétienne semble
possible. Cela représenterait un véritable retour aux années quatre-vingts.
Est-ce cela ce dont l'Italie a vraiment besoin?