sabato, giugno 25, 2011

ciao

questa è una di quelle volte, in cui vorresti dire, se solo lo avessi saputo, se avessi potuto fare qualcosa.

lunedì, giugno 20, 2011

orange revolution - un secolo fa


è quasi passato un mese, che è come dire un secolo all'epoca dell'informazione in flusso continuo., ma prima che di tempo ne passi ancora di più, voglio segnalare le foto e la tramissione con le quali alaska ci ha raccontato l'elezione di giuliano pisapia. le foto saranno poche, son appena 4, ma son belle. mi piacciono. e sembrano riassumere bene, il clima di quei giorni.

berlino a fumetti



si tratta di un fumetto. di un fumetto che racconta la storia di berlino. della gente di berlino. di un secolo fa. e che quindi racconta di caos finanziario.di tensioni politiche. di tensioni sentimentali. di frustrazioni post-belliche. di violenza. di odio. di jazz. di sesso. di tabù.

fra swing kids e eyes wibe shut, jason lutes attverso il suo fumetto Berlino si cimenta nel tentativo di farci scoprire una città che non c'è più. in questo fumetto diviso in due tomi Berlino - città delle pietre, Berlino - città del fumo) l'autore prova a raccontarci la capitale tedesca ai tempi di Weimar. si parla dell'ascesa di Hitler. della discesa agli inferi della nazione tedesca.

seppur storicamente ben documentato, l'obiettivo della storia non è certo quello di sostituirsi ad un libro di storia ma ri provarea riportarci nella pancia della berlino negli anni 20. intento nel quale pare riuscire , malgrado qualche tentennamento narrativo, soprattuto nel secondo tomo dove pare smarrirsi un po'.

la storia potrebbe terminare lì con la presa del parlamento da parte dei nazisti. oppure potrebbe continuare. con un terzo volume. o facendoci riflettere. sul come è andata un secolo fa e su come non dovrebbe più andare.

nel fiore della gioventù

Ahi Teresa, potessimo arrivarci tutti a 90 anni, con la tua lucidità.

mercoledì, giugno 15, 2011

martedì, giugno 14, 2011

il passo del gambero


6 dopo la Domenica del Sole24Ore abbandona il formato tabloid, che ci aveva regalato delle copertine niente male, e torna al vecchio formato. Nell'articolo dove annuncia la marcia indietro Armando Massarenti, nuovo resposanbile del supplemento cita una frase del suo direttore: «Non c'è nulla di più nuovo che tornare all'antico».

Cosa ne penso? Primo che è il solito riflesso italiano., davanti alle difficoltà si pensa che ripetere le vecchie ricette andrà tutto bene. È Berlusconi che rimane sempre lì. È Lippi che viene richiamato. Il fascino per il passato nasconde in realtà la paura del futuro e l'incapacità di osare .

Infine penso che è un peccato perchè il nuovo formato mi piaceva, mi sembrava più maneggevole, più immediato. E poi le copertine erano belle (e non ero l'unico a pensarlo). Insomma l'edizione tablois sembra il frutto di una riflessione azzeccata ed in linea coi tempi. Ma niente il riflesso italiano del guardarsi indietro a tutti i costi è troppo forte. Peccato.

domenica, giugno 12, 2011

sesso in carcere



Qualche anno fa vidi un film spagnolo. Azul oscuro casi negro. Sorta di romantica paesia urbana. Forse uno dei film che più mi è piaciuto questi ultimi anni. Vedetelo se potete.

Raccontava la storia di un ragazzo costretto a fare il portiere. E raccontava anche di una storia di amore nata in carcere. Dove il ragazzo, per circostanze particolare, andava a visitare una donna. In una stanza. Con un letto.

Scoprivo così, che a differenza di quanto avveniva nel mio paese natío, in Spagna i detenuti avevan periodicamente diritto ai cosidetti "vis à vis intimos". Incontri con una persona. A tu per tu. In una stanza. Soli. Per fare sesso (anche). Questo in Spagna.

Oggi Annarita Di Giorgio sul web-magazine iMille spiega appunto qual è la situazione della sessualità dei detenuti in Italia, dove ufficialmente un simile diritto non viene riconosciuto, con tutte le conseguenze, sanitarie ed umane, che possiamo immaginare.

giovedì, giugno 09, 2011

che bella faccia



Ci risiamo. Ecco di nuovo sulla copertina dell'Economist apparire la faccia del nostro premier sorrisone ed il nome del nostro paese. Premesso che condivido il fondo del messaggio e che penso che la presenza di questo anziano signore non abbia per nulla giovato al Paese. Ma l'Economist è già alla terza copertina di questo tipo...

Certo il nostro Premier è un inconcludente buffone ma non sarà l'unico che porta un paese alla rovina. Questa idiosincrasia giocherellona, questi toni come mai l’Economist non la applica con altri paesi europei?

Perché noi, e qui ci scappa la tirata patriottica, a differenza degli altri paesi grandi europei siam capaci di ridere di noi stessi. I francesi, i tedeschi no. E nemmeno gli spagnoli. E l’Economist questo lo sa. E mentre con noi si diverte e gioca, con i francesi non ci prova nemmeno. Beh, che vi avevo detto ieri?

quando l'italia era da bere

Nel 1994, l'indomani della vittoria dell'allora imprenditore Silvio Berlusconi, quelli del TG1 intervistarono una vecchietta che agli albori era andata a fare la spesa del mercato di Via Locchi ai Parioli. La vecchietta interrogata dal cronista strepitò: "Craxi! Le elezioni le ha vinte Craxi!".

Sì lui Bettino, l'innominabile. Il transfugo di Hammamet. Era lui che pur nell'assenza aveva vinto le elezioni, attraverso quello che ne fu il pupillo ed il maitre à penser televisivo. Silvio Berlusconi.

Così l'imprenditore brianzolo iniziò ad incantare l'Italia. Dietro di lui si portava il grande sogno italiano quello che lui stesso aveva costruito con la pubblicità e la tv. Quel sogno a cui tanti italiani eran intimamente legati. Era un sogno radicato in una realtà oramai in via di scomparasa quello degli anni '80. Della barca va e delle vacche grasse. Quello dove l'Italia cresceva e molti ne approfittavano. Della prosperità regalata a tutti. Delle cosce e delle tette. Delle strasse e delle paillettes.

Tutto questo ma con parole migliori delle mie lo spiegava qualche giorno fa Massimo Gramellini, all'indomani delle elezioni milanesi.

mercoledì, giugno 08, 2011

così simili, così diversi


Siamo a Bruxelles. In una delle mense della Commissione Europea. È ora di pranzo. Un gruppo di funzionari europei, composto prevelantemente da italiani e da francesi è seduto ad una tavola. Ad un certo punto del pranzo gli italiani iniziano a sghignazzare. Uno di loro guarda i colleghi francesi e dice: "DSK, Berlusconi mica è così diverso...". Dal gruppo di francesi una persona si alza. "Non posso accettare questo". Gira i tacchi se ne va. Offesa.

L'episodio mi è stato riferito e vale per quello che è. È evidente poi che le vicende di DSK e Berlusconi son diverse. Come lo sono i temperamenti degli italiani e dei francesi.

Ciò che è reale è la capacità dei francesi di prendersi (troppo) sul serio. Vedi l'ultima pubblicità del portale Ryanair Italia.

Quando mai in Francia sarebbero capaci di ridere di loro stessi con una cosa del genere? Di fatti l'ultima volta che quelli di Ryanair ci avevano provato l'avevan presa piuttosto malino all'Elysée.

martedì, giugno 07, 2011

¿luís enrique?

Pare che Luis Enrique sarà il prossimo allenatore della mia Roma. Io non son molto convinto. Primo perché non ha nessuna esperienza come allenatore di prima divisione. Secondo perché di calcio italiano di esperienza ne ha ancor di meno. Terzo perchè per esportare il modello Barça non è che è sufficente prenderne l'allenatore in seconda.

Luis Enrique non conosce né l'Italia né tantomeno Roma ed i romani. Secondo me andiamo incontro all'ennesimo fiasco. Alla Carlos Bianchi (uno sciagurato) od alla Benitez(un signore). L'ennesima fregatura. O peggio come Adriano. E lo dico con profonda frustrazione.

A Roma c'è bisogno di qualcuno che conosca la tempera italiana ed ancora più quella romana. Non è un caso se gli ultimi allenatori che ci hanno fatto vincere è stata gente come Nils Liedholm, che a Milano con gli italiani ci aveva fatto il callo, o come Capello che Roma già la conosceva.

Per me, problemi di dirigenza latitante a parte, esiste un solo nome della persona che corrisponde al profilo dell'allenatore condottiero. Carletto Ancelotti.

lunedì, giugno 06, 2011

il futuro a l'aquila

Secondo me le cose andranno così a L'Aquila.

Una volta caduto il governo Berlusconi i controlli si faranno poco a poco più laschi, ed i cittadini lentamente si risistemerrano le loro case. Da soli. La gente ritornerà così a far vivere il centro.

Una parte della città rimarrà in rovina. Per sempre. Una specie di Maceria-park. E lì vi andranno a vivere persone emarginate (vedi Mazara del Vallo dove ancora oggi si trovano case “puntellate” semidistrutte, abitate da zingari).

Lo Stato rimarrà moderatamente distante. Non agirà. Non prenderà nessuna iniziativa. Non coordinerà. Si limiterà a prendere atto della situazione.