La Stampa racconta i problemi dei coltivatori di pomodori italiani, simili a quelle di molti europei. Il problema è sempre lo stesso davanti alla concorrenza a basso costo del Golia cinese il Davide europeo non resiste. E’ evidente che noi europei, ed in particolare noi del sud Europa, non possiamo più giocare sul basso costo e dobbiamo ora puntare tutto sulla qualità.
Qualità, qualità, si sente un sacco questa parola, ma cosa vuol dire? Vuol dire che è necessario un doppio sforzo: da parte degli agricoltori e delle istituzioni europee, giacché senza questo doppio impegno non si va infatti da nessuna parte.
Bruxelles dal canto suo potrà aiutare non tanto moltiplicando le sovvenzioni a josa, ma piuttosto favorendo una normativa chiara e precisa sull’etichettatura dei prodotti. Insomma, detto in parole povere, bisogna lavorare sulla tracciabilità del pomodoro.
Gli agricoltori dal lato loro, sempre contando con l’appoggio dell’Unione Europea dovrebbero favorire la creazione di label europei (“Pomodoro italiano”, “Pomodoro Europeo”) ed anche l’eleborazione di prodotti DOP ed IGC (“conserve di fiorenzuola” per esempio). Fare questo, passare dalla logica del basso costo a quella della tanto declamata “qualità”, implica indubbiamente un grande sforzo da parte degli agricoltori, ma il fatto è che non esiste alternativa, giacché la “qualità” l’unica fionda che permetterebbe al Davide europeo di resistere al Golia cinese.
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