domenica, novembre 01, 2009

la maglietta ed il campione



Qualche giorno fa sul Manifesto, ho letto una storia che mi è piaciuta assai. Quella di una maglietta. La raccontava lo scrittore Roberto Ferrucci parlando dell'ultimo documentario di Mimmo Calopresti "La maglietta rossa" dedicato ad Adriano Panatta ed alla camicia che indosso quel giorno del 1976 a Santiago del Cile:



"Quella maglietta rossa se ne sta, credo, insieme alla blu e alla verde, dentro a uno scatolone nel magazzino dei miei. Scolorite, immagino, sia dagli anni che dai molteplici lavaggi. Comprate grazie all’accumulo di paghette settimanali e qualche raro bel voto a scuola, in piena adolescenza e, naturalmente, a quell’età, in piena emulazione. Era il 1976, l’anno di Adriano Panatta. La maglietta verde e la blu trionfarono per un’intera estate, da maggio in poi, l’una sostituiva l’altra appena entrata in lavatrice. Erano le stesse magliette (solo qualche misura e tanta classe in meno) che Adriano Panatta indossò al Foro Italico e al Roland Garros di quell’anno, i due tornei che vinse uno dietro l’altro, i due più importanti in terra battuta [...] In tv, le partite erano in bianco e nero, e le magliette di Panatta, gamme differenti di un perpetuo grigio. Ciononostante è a colori il ricordo della tensione provata e vissuta minuto per minuto nell’assistere a quelle lunghissime sfide nella piccola televisione in bianco e nero di casa [...] La maglietta rossa invece fu sfoggiata per l’intera primavera estate successiva alla vittoria della Coppa Davis contro il Cile nel dicembre del 1976, quando, grazie alla pubblicazione di qualche foto finalmente a colori della vittoria a Santiago, fu chiaro che Adriano Panatta aveva scelto quel colore da indossare nella finale. Finale peraltro invisibile, trasmessa solo alla radio, ascoltata la sera tardi, per via del fuso orario, per rendersi poi conto che non c’è nulla di più assurdo che una radiocronaca di tennis. Fino a qualche giorno fa pensavo che la scelta di quel colore fosse stata fatta dallo sponsor, per alimentare le vendite, visto che le verdi e le blu erano ormai andate a ruba fra i ragazzini appassionati di tennis. Serviva qualcosa di nuovo e perciò via col rosso. Inoltre la finale si giocò pochi giorni prima di Natale [...] Forse, però, ha ragione Adriano Panatta. Fa bene, lui, ad aver scelto di raccontarcela solo oggi, quella storia. Perché la storia della maglietta rossa, nell’Italia incarognita e disgustosa che abbiamo quotidianamente sotto gli occhi, è una piccola ma importantissima lezione di storia da dedicare ai mistificatori e ai revisionisti. Quella maglietta rossa, oggi lo sappiamo, ha dato fastidio ai dittatori cileni più di cento cortei e di slogan. E oggi, al pari forse dei calzini turchese del giudice Mesiano, dovrebbe essere indossata ogni volta che l’arroganza e l’ignoranza di un potere ottuso liquida come comunista chiunque osi criticare, controbattere, replicare, accusare. Perché il colore di quella maglietta, oggi come allora, ha un significato, un valore e una forza che nessuno può cancellare"

1 commento:

Unknown ha detto...

Caro Michele, volevo ringraziarla per quel che ha scritto riguardo il mio articolo sul manifesto. Le auguro buone feste, roberto ferrucci