Il viaggio in Asia di Barack Obama apre una fase totalmente nuova per l’economia e la politica mondiale. Per rendersene conto può essere utile aprire una carta geografica del mondo e cercarvi le Hawaii, dove il presidente Obama è nato 48 anni fa. Piantate in mezzo al Pacifico, queste isole distano circa 8000 chilometri da Washington e 8500 da Pechino. Mentre l’Europa si trova a circa 12 mila chilometri. L’Europa è uno dei luoghi geograficamente più lontani dalle Hawaii [...]
La nuova Asia che Obama ha davanti non è quella che produce magliette a prezzi stracciati, ma quella le cui esportazioni elettroniche sono più del doppio di quelle americane, che sa costruire treni ad alta velocità e mandare astronauti nello spazio e che crea più di metà del software del mondo. In un recente libretto, un noto intellettuale francese, Alain Minc, ha avanzato l’ipotesi che entro breve tempo tutti i premi Nobel possano essere conferiti ad asiatici.
La nuova politica americana parte dalla presa d’atto di questa situazione e dalla volontà degli Stati Uniti di partecipare - senza far giocare più di tanto le superiori dimensioni dell’economia americana quasi certamente destinata a essere tra breve raggiunta dalla Cina - a questo nuovo orizzonte e alle prospettive che così si aprono alla stessa America e al mondo. [...]
L’Europa, per la prima volta da tempi immemorabili, non viene neppure formalmente invitata al tavolo dei grandi. Di fronte a un simile dinamismo e a quest’ampiezza di visioni si scopre vecchia, stanca e divisa. E’ bastata l’opposizione testarda di un pugno di elettori irlandesi e del presidente della Repubblica Ceca a bloccare a lungo un progetto di costituzione, che non è certo il più elevato esempio di quella democrazia che gli europei spesso considerano il miglior prodotto della loro civiltà. All’interno dei singoli Paesi, una selva di interessi - sicuramente legittimi ma minoritari - blocca trasformazioni che possano davvero garantire lavoro per i giovani e pensioni per gli anziani: gli oppositori dell’alta velocità, gli agricoltori per le vie di Bruxelles, gli scaricatori dei porti, i membri di ordini professionali che non gradiscono concorrenza hanno finora fatto prevalere le visioni «corte» rispetto alle visioni «lunghe» che vanno di moda nel Pacifico.
Discuteranno del futuro di tutti, compreso il nostro, senza di noi. Il prossimo «governo» europeo (ancora sfornito di veri poteri) ha un compito molto difficile e, al suo interno, particolarmente gravoso e cruciale sarà il mandato del ministro degli Esteri, che potrebbe essere un italiano. In ogni caso, da qualunque Paese provenga, non possiamo che augurarci che sia all’altezza dei tempi nuovi"
[Mario Deaglio, La Stampa]
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