Fuga per la Vittoria
Mssimo Grammellini - "La Stampa"- 20 maggio 2006
Mssimo Grammellini - "La Stampa"- 20 maggio 2006
Un commissario tecnico della Nazionale non dovrebbe salpare per i Mondiali mentre la magistratura continua a curiosare sui suoi rapporti con la Gea. Alle considerazioni morali si aggiungono quelle pratiche: la lunga e intensa frequentazione di Lippi con i protagonisti dello scandalo del calcio, confermata dal contenuto delle intercettazioni e dalla presenza del suo erede nella cupola dei procuratori figli di papà, non lo mette certo nelle condizioni di spirito ideali per motivare una squadra dove già giocano un portiere coinvolto in una brutta storia di scommesse e vari altri che ignorano se il prossimo anno la loro squadra di club affronterà il Barcellona o l’Albinoleffe.
Però siamo in Italia. E siamo l’Italia. Una nazionale, e ancor prima una nazione, che dà il peggio di sè nelle situazioni normali, ma è capace di miracoli quando viene calata a forza dentro un’emergenza. Pare già di vederli in ritiro, Lippi e i suoi bambocci. Tutto il mondo contro di loro. Sottovalutati dagli avversari, irrisi dai tifosi stranieri e aspettati al varco da quelli italiani, con scarse speranze e ancor meno pietà. Quanto basta per scatenare la rabbia vittimista che nel dna italico tiene il posto dell’orgoglio e ha sempre propiziato le nostre rimonte in tutti i campi, non solo di calcio.
Quando si trova spalle al muro, l’italiano non si abbatte, nè prova ad abbatterlo. Lo scavalca, con furbizia e riserve imprevedibili di tenuta nervosa. Perciò non ci stupiremmo affatto se la comitiva di campioncini viziati e presuntuosi che in un clima più sereno sarebbe andata incontro a una probabile magra, giocasse nella tempesta un Mondiale straordinario.
Però siamo in Italia. E siamo l’Italia. Una nazionale, e ancor prima una nazione, che dà il peggio di sè nelle situazioni normali, ma è capace di miracoli quando viene calata a forza dentro un’emergenza. Pare già di vederli in ritiro, Lippi e i suoi bambocci. Tutto il mondo contro di loro. Sottovalutati dagli avversari, irrisi dai tifosi stranieri e aspettati al varco da quelli italiani, con scarse speranze e ancor meno pietà. Quanto basta per scatenare la rabbia vittimista che nel dna italico tiene il posto dell’orgoglio e ha sempre propiziato le nostre rimonte in tutti i campi, non solo di calcio.
Quando si trova spalle al muro, l’italiano non si abbatte, nè prova ad abbatterlo. Lo scavalca, con furbizia e riserve imprevedibili di tenuta nervosa. Perciò non ci stupiremmo affatto se la comitiva di campioncini viziati e presuntuosi che in un clima più sereno sarebbe andata incontro a una probabile magra, giocasse nella tempesta un Mondiale straordinario.
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