Domenica sera,
finito il campionato, il mio pensiero si è rivolto per una volta ancora a Lui,
al Boemo. Che nonostante abbia attraversato questa (mezza)stagione giallorossa
come una cometa, ancora una volta ha lasciato il suo marchio.
Zeman meglio di altri
incarnava un certo spirito romanista ("soli contro tutti"). E più di
altri allenatori lui aveva saputo creare, soprattutto nel suo primo passaggio
giallorosso, un rapporto speciale con il tifo romamista (quante altre volte si erano
viste per i muri delle città, scritte lusinghiere -"Boemo facci
sognare"- rivolte ad un
allenatore?). Qualcosa del genere, oltre che con lui ,forse era avvenuto solo con
Liedholm.
Senza entrare sul
come ed il perché della fallimentare (mezza)stagione del boemo, voglio solo
ricordare due episodi emblematici che marcheranno il ricordo di questo suo
secondo infelice passaggio. Entrambi fanno riferimento a quell'infausto
incontro con il Cagliari che gli sarebbe valso l'esonero,
1) Alla fine di
quella partita (che io ascoltai in radio) i radiocronisti raccontavano che
Zeman era rimasto in campo guardando fissamente il terreno, mentre tutti già
stavano uscendo. Solo davanti allo stadio, il boemo era cosciente che quel 2-4
segnava la fine della sua esperienza romanista. Probabilmente proprio per
questo volle prolungare il più possibile quell'attimo. Solo davanti allo
stadio. Davanti al tifo. Il suo tifo.
2) Marco Sau,
attaccante del Cagliari autore quella sera di un gol e di un assist, altro non
era che un vecchio pupillo zemaniano. Ecco il figlio che divora Saturno, ovvero il mito alla rovescia. Il giovane talento che simbolicamente da il colpo di grazia
proprio a colui che lo ha rivelato.
Nonostante una
fine amara ed i pochi titoli raccolti in carriera dal tecnico boemo (un
campionato di serie B), il calcio italiano deve probabilmente al tecnico boemo
più di quanto pensi. A partire dal mito delle "notti magiche" (TotòSchillaci esplose proprio con lui). Mondo infame.